CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA Adunanza delle Sezioni riunite del 15 marzo 2016, numero affare 00789/2015, Presidenza della Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale, ricorso straordinario proposto dal signor G.A. avverso il decreto del direttore generale del Dipartimento regionale dell'istruzione e formazione professionale n. 4228 del 1° agosto 2014, recante: «Aggiornamento dell'albo regionale del personale docente e non docente dei corsi di formazione assunto a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2008». Istanza di sospensione; LA SEZIONE Vista la relazione n. 13196/366.14.8 del 29 maggio 2015 con la quale la Presidenza della Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale, ha chiesto il parere di questo Consiglio sull'affare consultivo in oggetto; Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Simonetta Vaccari; Emette la seguente ordinanza. Fatto e diritto 1. Con atto notificato al Dipartimento regionale dell'istruzione e della formazione professionale con raccomandata a.r. spedita in data 11 dicembre 2014, il ricorrente in epigrafe indicato ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana per l'annullamento, previa sospensione: - del decreto del direttore generale del Dipartimento regionale dell'istruzione e della formazione professionale n. 4228 del 1° agosto 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 33 del 14 agosto 2014, con cui e' stato disposto l'aggiornamento dell'albo regionale del personale docente e non docente dei corsi di formazione assunto a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2008, istituito con l'art. 14 della legge regionale n. 24/1976, nella parte in cui il ricorrente e' stato escluso dal predetto albo aggiornato, in quanto ritenuto non in possesso dei requisiti di ordine generale ex art. 14 legge regionale n. 24/1976; - di ogni altro atto connesso, consequenziale e/o presupposto con quelli impugnati, ancorche' non conosciuto, che possa frapporsi al diritto fatto valere dal ricorrente. In punto di fatto il ricorrente precisa di essere dipendente con contratto a tempo indeterminato dell'ente di formazione professionale C.R. Unci FP, e di essere stato iscritto sin dal 1997 all'Albo regionale degli operatori della formazione professionale, come da decreto n. 3199 dell'8 febbraio 1997. A seguito della deliberazione della giunta regionale n. 200/2013, ha presentato istanza per il mantenimento-conferma della propria posizione nell'albo del personale docente e non docente nel settore della formazione professionale, producendo tutta la documentazione utile. Con l'impugnato D.D.G. n. 4228 del 1° agosto 2014 e' stato poi disposto l'aggiornamento di detto albo, nel quale il ricorrente risulta inserito nell'elenco dei soggetti esclusi, in quanto ritenuto non in possesso dei requisiti di ordine generale ex art. 14 legge regionale n. 24/1976. L'unico motivo di esclusione e' collegato alla condanna penale subita a seguito di patteggiamento, ex art. 444 e seguenti del codice di procedura penale, per il reato di truffa di cui all'art. 640 del codice penale, giusta sentenza del 31 ottobre 2012 del Tribunale di Mistretta, che ha previsto la condanna a sei mesi di reclusione e 400 euro di multa, disponendo la sospensione condizionale della pena inflitta. 2. Il ricorrente affida il gravame al seguente motivo: violazione e falsa applicazione dell'art. 14 legge regionale n. 24/1976; dell'art. 85 decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957 e dell'art. 9 legge n. 19/1990. Eccesso di potere. Travisamento dei fatti. Difetto di istruttoria. Illogicita' manifesta. Lamenta che l'Amministrazione non avrebbe tenuto in considerazione ne' l'insegnamento della Corte costituzionale, che con sentenza n. 971 del 1988 ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 85, lettera a), decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957, ne' la circostanza che con la legge n. 19 del 1990 e' stata abrogata ogni disposizione attinente alla destituzione di diritto dei pubblici impiegati, imponendosi alle amministrazioni, attraverso l'esperimento del procedimento disciplinare, l'onere della preventiva valutazione e ponderazione dei fatti illeciti accertati in sede penale ai fini della sanzione da irrogare (art. 9: il pubblico dipendente non puo' essere destituito di diritto a seguito di condanna penale. E' abrogata ogni contraria disposizione di legge). Si duole il ricorrente che vi sarebbe stata un'applicazione automatica dell'art. 14 della legge regionale n. 24/1976: l'Amministrazione avrebbe sostanzialmente applicato, sia pure sotto la forma della decadenza, una fattispecie di destituzione di diritto al verificarsi del solo presupposto della condanna penale, peraltro estranea all'ambito lavorativo, senza commisurare la reazione dell'ordinamento all'effettiva gravita' del reato commesso. Il ricorrente sottolinea che i sopraddetti principi dovrebbero essere applicati con maggior rigore nel suo caso dal momento che lo stesso non ha alcun rapporto di lavoro in atto con la Regione Sicilia, ma solamente con gli enti di formazione professionale che accedono al finanziamento regionale per lo svolgimento dei corsi e non ha la qualifica di pubblico dipendente. Evidenzia peraltro che essendo l'iscrizione all'albo condizione per lo svolgimento dell'attivita' di docente, la cancellazione gli precluderebbe l'attivita' lavorativa alle dipendenze degli enti di formazione professionale, dopo circa venti anni di svolgimento di tale attivita'. Formula infine domanda di sospensione cautelare del provvedimento impugnato. 3. Con nota protocollo n. 21133 del 23 marzo 2015 il Dipartimento regionale della formazione professionale ha trasmesso un circostanziato rapporto sul ricorso, corredato dei relativi documenti, ricostruendo le fasi del procedimento e suffragando le motivazioni che hanno portato all'esclusione del ricorrente dal predetto albo. 4. Il ricorso, in regola con il contributo unificato, e' ricevibile poiche' proposto entro 120 giorni dalla data di pubblicazione del decreto impugnato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 33 del 14 agosto 2014. 5. Preliminarmente il Collegio ritiene opportuno chiarire - anche ai fini della affermazione della sussistenza della giurisdizione amministrativa - che l'iscrizione all'albo regionale del personale docente e non docente e' finalizzata non all'esercizio di una professione (albo professionale), ma all'individuazione di soggetti da utilizzare per lo svolgimento di attivita' formative finanziate dalla Regione Siciliana. Tali soggetti devono possedere adeguati requisiti certificati proprio dall'inserimento nell'apposito albo regionale (cfr. ex multis, tribunale amministrativo regionale della Sicilia - Palermo, sezione III, 13 maggio 2015, n. 1140) e gli enti di formazione professionale hanno dunque l'obbligo di individuare il personale preposto alle attivita' formative tra gli iscritti al predetto albo. La necessita' di tale iscrizione e' stata, peraltro, di recente ribadita dall'art. 14 della legge regionale 11 giugno 2014, n. 13 che ha richiamato i contenuti dell'art. 14 della legge regionale 6 marzo 1976, n. 24. Quest'ultimo cosi' recita: «E' istituito presso l'Assessorato regionale del lavoro e della cooperazione l'albo regionale del personale docente dei corsi di formazione professionale. Le modalita' per l'iscrizione, la cancellazione e la tenuta dell'albo saranno determinate dalla Commissione di cui al successivo art. 15. Gli aspiranti all'iscrizione all'albo debbono in ogni caso: 1) essere immuni da condanne penali; 2) godere dei diritti civili e politici; 3) essere in possesso dei requisiti di cui al precedente art. 13. ...». Ai sensi del citato art. 14, la determinazione delle modalita' per l'iscrizione, la cancellazione e la tenuta dell'albo sono affidate alla Commissione di cui al successivo art. 15, ossia la Commissione regionale per la formazione professionale dei lavoratori, istituita presso l'Assessorato regionale del lavoro e della cooperazione. 6. Il Collegio e' consapevole che le statuizioni giurisprudenziali e legislative in materia di destituzione automatica del pubblico impiegato (sentenza Corte costituzionale n. 971/1988 e legge n. 19/1990), richiamate nel ricorso, non riguardano direttamente ed immediatamente il personale docente e non docente dei corsi di formazione professionale, il cui rapporto di lavoro con gli enti di gestione dei centri di formazione professionale non e' qualificabile come pubblico impiego, ma come lavoro privato (cfr. ex multis, tribunale amministrativo regionale della Sicilia - Palermo, sezione III, 28 dicembre 2015, n. 3348; Id. 27 luglio 2015, n. 1941). Tuttavia l'impugnato provvedimento di esclusione dall'albo, adottato sulla base di una legge che ritiene ostativa dell'iscrizione all'albo qualsivoglia condanna penale, comporta un effetto preclusivo/espulsivo automatico, che esclude non solo qualsiasi valutazione ex post dell'Autorita' amministrativa, ma anche qualunque valutazione legislativa ex ante, sulla base di necessari parametri di proporzionalita' e ragionevolezza che devono ispirare il bilanciamento tra il diritto del singolo a svolgere un'attivita' lavorativa (sia essa autonoma o dipendente) e l'interesse generale dell'ordinamento a consentire l'accesso (o la permanenza, come nel caso di specie) al lavoro a soggetti immuni da condanne penali ostative. Tale risultato ermeneutico, l'unico consentito dalla vigente legge regionale (stante il suo univoco tenore letterale), appare eccentrico rispetto ad una lettura sistematica delle norme vigenti in tema di accesso al lavoro sia pubblico che privato e di iscrizione in albi professionali, come interpretate dalla Corte costituzionale, lettura sistematica da cui, come si vedra', si evince che: a) sono vietati di regola (per i dipendenti pubblici e privati) automatismi espulsivi; b) sono stabiliti (per l'iscrizione in albi professionali) automatismi legislativi ex ante che non sono mai assoluti, ma sempre parametrati alle peculiarita' della professione di cui si tratta, predeterminandosi ex ante puntuali tipologie di illeciti penali ostativi; c) anche quando sono prestabiliti ex ante titoli di reato ostativi, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha richiesto l'applicazione di essi in un procedimento in contraddittorio con l'interessato; d) solo per determinate categorie di pubblici impiegati, in considerazione della peculiarita' e delicatezza dei compiti ad essi affidati (ad es. pubblica sicurezza), resta giustificato l'automatismo espulsivo, ma pur sempre connesso a un giudizio di pericolosita' sociale insito nella presupposta applicazione di una misura di sicurezza personale (Corte costituzionale, 5 maggio 2014, n. 112, con riferimento agli appartenenti alla polizia di Stato); e) l'automatismo espulsivo resta giustificato quando a monte di esso vi sia una condanna penale che comporti come pena accessoria l'interdizione dai pubblici uffici, atteso che il principio di necessita' del procedimento disciplinare in luogo della destituzione di diritto dei pubblici dipendenti non opera per le pene accessorie di carattere interdittivo, in generale, e per l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, in particolare (quest'ultima dettata dall'art. 29, comma 1, del codice penale per le condanne alla reclusione per almeno cinque anni), trattandosi in tal caso di ragionevole effetto indiretto della pena accessoria, che spetta alla discrezionalita' del legislatore stabilire, per realizzate le finalita' di difesa sociale e di prevenzione speciale proprie di dette pene (art. 85, lettera b), testo unico n. 3/1957, Corte costituzionale n. 286 /1999; Corte costituzionale n. 415/1991). In dettaglio, il Collegio osserva come il disposto dell'art. 14 della legge regionale n. 24 del 6 marzo 1976, gia' sopra riportato, prevede che qualsivoglia condanna penale e' ostativa all'iscrizione all'albo dei docenti della formazione professionale. L'assoluta rigidita' di tale previsione e' stata mitigata dal parere dell'Ufficio legislativo e legale della Regione n. 327/99/11 che ha ritenuto che: «l'estrema genericita' della previsione contenuta nell'art. 14 della legge regionale n. 24/1976, laddove si prevede per l'iscrizione all'albo il requisito della immunita' da condanne penali, non sembra ragionevolmente interpretabile in senso strettamente letterale, dal momento che una siffatta interpretazione potrebbe far ritenere non iscrivibile all'albo in parola anche chi sia condannato per una contravvenzione di lievissima entita'. Si e' suggerito, pertanto, di avere riguardo a tal fine a quanto previsto dall'art. 99 del decreto del Presidente della Repubblica n. 417 /1974 per il personale docente delle scuole statali, che incorre nella destituzione nei casi espressamente previsti dall'art. 85, lettere a) e b), del testo unico 10 gennaio 1957, n. 3. In particolare tale destituzione e' prevista nei seguenti casi: - a) per condanna, passata in giudicato, per delitti contro la personalita' dello Stato, esclusi quelli previsti nel capo IV del titolo I del libro II del codice penale; ovvero per delitti di peculato, malversazione, corruzione, concussione, per delitti contro la fede pubblica, esclusi quelli di cui agli articoli 457, 495, 498 del codice penale; per delitti contro la moralita' pubblica ed il buon costume previsti dagli articoli 519, 520, 521, 531, 532, 533, 534, 535, 536 e 537 del codice penale e per i delitti di rapina, estorsione, millantato credito, furto, truffa ed appropriazione indebita; - b) per condanna, passata in giudicato, che importi l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l'applicazione di una misura di sicurezza detentiva o della liberta' vigilata». Sulla base di tale ragionamento, al ricorrente non e' stata confermata l'iscrizione nell'albo, in quanto tra i reati menzionati nell'art. 85, lettera a) testo unico n. 3/1957 compare anche il delitto di truffa. Il che e' peraltro avvenuto in modo automatico, senza alcuna valutazione in concreto, previo contraddittorio con l'interessato, in ordine alla effettiva incidenza della condanna sulla possibilita' di svolgimento dell'attivita' lavorativa senza nuocere all'immagine e all'onore dell'Amministrazione. Il Collegio ritiene che la soluzione proposta, dall'Ufficio legislativo regionale, per quanto ispirata dalla meritevole finalita' di mitigare la rigidita' della legge regionale, non possa essere condivisa ne' nel metodo ne' nel contenuto. Non nel metodo, perche' si consente all'Amministrazione regionale di operare una non consentita disapplicazione della legge. Non nel contenuto, perche' si rimette alla scelta dell'Amministrazione (fatta sulla base di un parere emesso da un organo tecnico), anziche' a quella del legislatore (da farsi sulla base di un dibattito politico in seno ad una assemblea elettiva), la individuazione dei reati ostativi e non ostativi. E inoltre si lascia spazio all'automatismo ostativo/espulsivo, al ricorrere dei titoli astratti di reato. La soluzione prescelta non appare nemmeno del tutto logica, in quanto vengono ritenuti ostativi titoli astratti di reato a prescindere dall'entita' della pena in concreto, per produrre l'effetto della interdizione da un determinato ufficio privato, a prescindere dall'essere tale effetto la conseguenza della condanna penale. Inoltre si opera una non consentita interpretazione analogica di norme punitive quali sono le disposizioni sanzionatorie, sia che si tratti di sanzioni penali che di sanzioni disciplinari. In concreto, poi, la Regione nel sopradetto parere in via esegetica rimanda ad una disposizione dettata in passato per gli insegnanti pubblici (art. 99 decreto del Presidente della Repubblica n. 417/1974) che rinvia a sua volta all'art. 85, lettera a) testo unico n. 3/1957 in prosieguo dichiarato incostituzionale. Oltretutto il suddetto art. 99 decreto del Presidente della Repubblica n. 417/1974 non e' piu' applicabile agli insegnanti pubblici, perche' tale disposizione e' stata sostituita dagli articoli 496 e 498 del testo unico n. 297/1994. Tali ultime disposizioni individuano le sanzioni disciplinari conseguenti a condanne penali senza automatismi senza menzionare espressamente il delitto di truffa, che dunque non costituisce ex se causa di licenziamento disciplinare o comunque di impossibilita' di perdurare nelle mansioni di docente pubblico. 7. Anche nel settore del personale docente nelle scuole non statali (private/paritarie) i contratti collettivi nazionali di lavoro, a titolo di esempio i C.C.N.L. A.N.I.N.S.E.I. (Associazione nazionale istituti non statali di educazione e di istruzione) stipulati dal 2006 ad oggi, all'art. 58 considerano giusta causa/giustificato motivo di licenziamento la condanna per reati che sono causa di destituzione dal pubblico impiego. Si tratta di un rinvio dinamico agli attuali casi di licenziamento disciplinare nel pubblico impiego senza automatismo alcuno, ma valutando concretamente l'incidenza della condanna pronunciata sul rapporto di lavoro e sul rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente. 8. Continuando nella disamina del panorama legislativo statale, nelle libere professioni, la condanna penale e' causa di diniego d'iscrizione all'albo o di cancellazione dallo stesso quando sia di particolare gravita' avuto riguardo alla natura della professione svolta, a seguito di una predeterminata selezione legale delle fattispecie rilevanti (v. a titolo di esempio): - articoli 5, comma 1, n. 3 e 142-bis, legge 16 febbraio 1913, n. 89, con riferimento alla professione di notaio; - articoli 7, ultimo comma e 46, regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, con riferimento alle professioni di ingegnere e architetto; - art. 4, comma 1, lettera b), regio decreto 1° marzo 1928, n. 842 con riferimento alla professione di chimico; - art. 4, comma 1, lettera b), regio decreto 11 febbraio 1929, n. 274, con riferimento alla professione di geometra; - art. 4, comma 1, lettera b), regio decreto 11 febbraio 1929, n. 275, con riferimento alla professione di perito industriale; - art. 4, comma 1, lettera b), regio decreto 25 novembre 1929, n. 2248, con riferimento alla professione di dottore in scienze agrarie; - art. 15, legge 9 febbraio 1942, n. 194 con riferimento alla professione di attuario; - art. 31, commi 3 e 4, legge 3 febbraio 1963, n. 69, con riferimento alla professione di giornalista; - art. 42, comma 2, legge 28 marzo 1968, n. 43, con riferimento alla professione di perito agrario; - articoli 31, comma 2, e 42, comma 2, lettera a), legge 7 gennaio 1976, n. 3, con riferimento alla professione di dottore agronomo e forestale; - articoli 5, ultimo comma e 10, comma 2, legge 6 giugno 1986, n. 251, con riferimento alla professione di agrotecnico; - art. 7, comma 1, lettera b), legge 18 febbraio 1989, n. 56, con riferimento alla professione di psicologo; - articoli 27, comma 2 e 35, comma 2, legge 18 gennaio 1994, n. 59, con riferimento alla professione di tecnologo alimentare; - art. 36, comma 2, decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139, con riferimento alla professione di dottore commercialista; - art. 17, comma 1, lettera g), legge 31 dicembre 2012, n. 247, con riferimento alla professione di avvocato. Comunque la Corte costituzionale ha gia' affermato che sarebbe «contrario al principio di uguaglianza che la destituzione di diritto dovesse rimanere ferma soltanto per le libere professioni» (Corte costituzione, 4 aprile 1990, n. 158, con riferimento alla professione di commercialista; v. anche Corte costituzionale 2 febbraio 1990, n. 40 e Corte costituzionale 31 ottobre 2002, n. 433, entrambe con riferimento alla professione di notaio). 9. Anche in altro ambito, dove comunque per certi versi viene in rilievo il diritto al lavoro e a svolgere attivita' di impresa, vale a dire quello dei contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture, non qualsivoglia condanna penale e' ostativa della partecipazione alle gare e dell'esecuzione dei contratti e dei subcontratti, ma solo condanne specifiche, incidenti sulla moralita' professionale dell'esecutore. 10. Dal quadro complessivo sopra descritto si puo' evincere che, secondo una linea tendenziale, ormai consolidatasi con l'orientamento espresso in numerose sentenze dalla Corte costituzionale, l'ordinamento o esclude del tutto l'automatismo sanzionatorio, o fissa automatismi ex ante ancorati a criteri di proporzionalita' e ragionevolezza, cosi' sancendo la necessita' di meccanismi di garanzia a carattere generale che rendano possibile l'adeguamento della reazione dell'ordinamento alla effettiva gravita' del reato commesso, nel pubblico impiego e nelle libere professioni (Corte costituzionale numeri 971/1988; 158/1990; n. 40/1990; n. 197/1993; n. 363/1996) cosi' anche nel rapporto di lavoro privato (Corte costituzionale 1° giugno 1995, n. 220, con riferimento all'art. 1258, comma 1, codice della navigazione con riferimento all'iscrizione in matricole o registri del personale marittimo). La Corte di cassazione ha avuto modo di chiarire che il contenuto della legge n. 19 del 1990 sulla cessazione della destituzione automatica e' norma «nella quale non puo' non ravvisarsi un principio di portata generale che governa - in materia di destituzione - ogni tipo di rapporto di lavoro di natura pubblicistica ed anche di quelli che abbiano qualche attinenza con l'impiego pubblico e che, per quelli di natura privata non tollererebbe clausole contrattuali contrarie» (Cassazione civile, sezione lavoro, 24 febbraio 1993, n. 2250). 10. Il Collegio ritiene dunque che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 della legge regionale siciliana n. 24/1976 nella parte in cui statuisce che qualsivoglia condanna penale ostativa all'iscrizione all'albo del personale docente della formazione professionale e la cancellazione dallo stesso viene disposta con effetto automatico ove venga a mancare, in seguito a condanna penale, il requisito per l'iscrizione consistente proprio nell'«essere immuni da condanne penali». La norma appare, pertanto, per la sua assolutezza, in contrasto con quei principi di proporzionalita' e ragionevolezza che sono alla base del principio di eguaglianza e per cio' stesso e' in contrasto con l'art. 3 della Costituzione (Corte costituzionale, n. 197/1993). La norma appare in contrasto con il predetto art. 3 della Costituzione anche sotto il profilo del deteriore trattamento del docente dei corsi di formazione professionale finanziati dalla Regione, rispetto al docente della scuola pubblica, come gia' sopra evidenziato, pur nell'identita' delle funzioni esercitate. La mancata iscrizione all'albo e la cancellazione (che determina, a valle e nel rapporto tra docente e ente della formazione professionale, la sostanziale automatica risoluzione del rapporto di lavoro) appare altresi' incompatibile con la tutela del lavoro medesimo garantita dagli articoli 4 e 35 della Costituzione, per la sproporzione che puo' determinarsi tra fatto commesso ed estrema gravita' della sanzione concretantesi, come nel caso in esame, nella perdita del posto di lavoro. Ancora, la norma sembra non conforme al principio di imparzialita' e di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97) perche', nel caso in esame, impedendo al ricorrente di mantenere il proprio posto di lavoro presso l'ente gestore della formazione indipendentemente dalla verifica in concreto circa la sussistenza di elementi a cio' ostativi, si pone in contrasto con il principio della migliore utilizzazione delle risorse professionali a disposizione dell'ente stesso (Corte costituzionale, 14 aprile 1995, n. 126). Si ravvisa anche contrasto con l'art. 27 della Costituzione relativo alla funzione rieducativa della sanzione penale (che implica anche la proporzionalita' della punizione rispetto all'offesa), in quanto a fronte di una condanna penale da cui non conseguono sanzioni interdittive dagli uffici pubblici e privati, la legge regionale aggiunge, con un meccanismo automatico, un effetto interdittivo assoluto, automatico e sproporzionato. Non senza trascurare che l'ordinamento mira a favorire il lavoro dei detenuti e il reinserimento lavorativo degli ex detenuti: di talche' sarebbe paradossale consentire l'espulsione automatica da un contesto lavorativo di soggetto che pur avendo riportato condanna penale non ha dovuto scontare la pena (avendo fruito della sua sospensione) e dunque non e' un detenuto, ne' ex detenuto. La legge regionale n. 24/1976 e' stata emanata nell'ambito della competenza legislativa regionale di cui all'art. 17, lettera f) dello statuto della Regione Siciliana. Sotto tale profilo, l'art. 14 della citata legge regionale contrasta anche con i principi generali dell'ordinamento statuale, come sopra esposti, che vietano meccanismi automatici e assoluti in ordine agli effetti delle condanne penali sui rapporti di lavoro pubblici e privati e sull'iscrizione in albi professionali. Quanto sin qui esposto corrobora la valutazione del Collegio in ordine alla non manifesta infondatezza della questione. Il Collegio ritiene che la prospettata questione di legittimita' costituzionale sia anche rilevante ai fini della definizione del presente ricorso, perche' l'eventuale pronuncia di incostituzionalita' della norma in esame travolgerebbe l'atto impugnato che proprio sulla stessa norma si fonda. Il Collegio non ignora che, nel caso di specie, l'eventuale accoglimento della questione di costituzionalita' potrebbe richiedere una pronuncia additiva non a rime obbligate, restando rimessa alla discrezionalita' del legislatore siciliano sia la scelta dei reati ostativi all'iscrizione all'albo (mediante individuazione dei titoli di reato e/o mediante individuazione di misura e tipologia di pene inflitte), sia la scelta del tipo del procedimento di verifica dell'ostacolo all'iscrizione all'albo (diniego/cancellazione automatici al verificarsi dei presupposti legali, diniego/cancellazione previa verifica caso per caso dell'ostativita' del reato). Tuttavia, nelle analoghe fattispecie della destituzione di diritto dal pubblico impiego e del diniego/cancellazione automatica da albi professionali, la Corte costituzionale non ha esitato a dichiarare incostituzionali le previsioni, ancorche' in ipotesi la soluzione normativa conseguente non fosse necessariamente a rime obbligate (quanto meno sotto la scelta delle modalita' del procedimento espulsivo), stigmatizzando l'automatismo espulsivo (Corte costituzionale numeri 971/1988; 40/1990; 158/1990; 220/1995; 433/2002). Vero e' che nelle vicende sinora esaminate dalla Corte costituzionale, le previsioni normative individuavano alcune tipologie di reati ostativi (dell'esercizio dell'attivita' di lavoratore dipendente pubblico, dell'esercizio di attivita' professionali), e fissavano un automatismo espulsivo al ricorrere di tali reati, sicche' la Corte ha stigmatizzato il solo automatismo espulsivo. Ma la vicenda odierna si palesa ancor piu' lesiva dei valori costituzionali, attesa che all'automatismo espulsivo si somma l'assolutezza di una previsione che non discrimina tra tipologie di reati, considerando qualsivoglia condanna penale di per se' titolo ostativo. In siffatto contesto la riserva di discrezionalita' del legislatore (che costituisce ordinariamente ostacolo a pronunce di incostituzionalita') non puo' non cedere rispetto a valori costituzionali sanciti nel titolo I della Costituzione, quali il diritto all'eguaglianza, il diritto al lavoro, i principi di ragionevolezza e proporzionalita', indiscutibilmente lesi nel caso di specie. Va infine osservato che nel caso di specie una pronuncia di illegittimita' costituzionale potrebbe essere «a rime obbligate» quanto meno sotto il profilo del previsto automatismo espulsivo in assenza di un procedimento in contraddittorio con l'interessato, che potrebbe essere affidato alla Commissione regionale per la formazione professionale dei lavoratori di cui all'art. 15, legge regionale n. 24/1976, che, ai sensi del precedente art. 14, e' competente in ordine alla determinazione delle modalita' per l'iscrizione, la cancellazione e la tenuta dell'albo. In conclusione e' rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 della legge regionale n. 24/1976 (emanata nell'ambito della competenza legislativa di cui all'art. 17, lettera f) dello statuto siciliano) in relazione agli articoli 3, 4, 27, 35 e 97 della Costituzione e all'art. 17 dello statuto, nella parte in cui detto art. 14 prevede quale requisito per l'iscrizione all'albo regionale del personale docente dei corsi di formazione professionale l'assenza di qualsivoglia condanna penale e quale presupposto automatico per la cancellazione da detto albo l'esistenza di qualsivoglia condanna penale, anziche' prevedere un procedimento in contraddittorio con l'interessato volto a valutare l'effettiva incidenza della condanna sull'attivita' lavorativa e/o individuare puntuali tipologie di reati. Con separato parere si dispone la sospensione cautelare del provvedimento impugnato sino all'esito del giudizio di costituzionalita'.