CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 
                      PER LA REGIONE SICILIANA 
 
    Adunanza delle Sezioni riunite del 15 marzo 2016,  numero  affare
00789/2015, Presidenza della Regione Siciliana - Ufficio  legislativo
e legale, ricorso straordinario proposto dal signor G.A.  avverso  il
decreto   del   direttore   generale   del   Dipartimento   regionale
dell'istruzione e formazione professionale  n.  4228  del  1°  agosto
2014,  recante:  «Aggiornamento  dell'albo  regionale  del  personale
docente e non  docente  dei  corsi  di  formazione  assunto  a  tempo
indeterminato entro il 31 dicembre 2008». Istanza di sospensione; 
 
                             LA SEZIONE 
 
    Vista la relazione n. 13196/366.14.8 del 29 maggio  2015  con  la
quale la Presidenza della Regione Siciliana - Ufficio  legislativo  e
legale,  ha  chiesto  il  parere  di  questo  Consiglio   sull'affare
consultivo in oggetto; 
    Esaminati gli atti e udito  il  relatore,  consigliere  Simonetta
Vaccari; 
    Emette la seguente ordinanza. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    1. Con atto notificato al Dipartimento regionale  dell'istruzione
e della formazione professionale con  raccomandata  a.r.  spedita  in
data 11 dicembre 2014, il ricorrente in epigrafe indicato ha proposto
ricorso straordinario  al  Presidente  della  Regione  Siciliana  per
l'annullamento, previa sospensione: 
        -  del  decreto  del  direttore  generale  del   Dipartimento
regionale dell'istruzione e della formazione  professionale  n.  4228
del 1° agosto 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione
Siciliana n. 33 del  14  agosto  2014,  con  cui  e'  stato  disposto
l'aggiornamento dell'albo  regionale  del  personale  docente  e  non
docente dei corsi di formazione assunto a tempo  indeterminato  entro
il 31 dicembre 2008, istituito con l'art. 14 della legge regionale n.
24/1976, nella parte in  cui  il  ricorrente  e'  stato  escluso  dal
predetto albo aggiornato, in quanto  ritenuto  non  in  possesso  dei
requisiti di ordine generale ex art. 14 legge regionale n. 24/1976; 
        - di ogni altro atto connesso, consequenziale e/o presupposto
con quelli impugnati, ancorche' non conosciuto, che  possa  frapporsi
al diritto fatto valere dal ricorrente. 
    In punto di fatto il ricorrente precisa di essere dipendente  con
contratto a tempo indeterminato dell'ente di formazione professionale
C.R. Unci FP, e di  essere  stato  iscritto  sin  dal  1997  all'Albo
regionale degli operatori della  formazione  professionale,  come  da
decreto n. 3199 dell'8 febbraio 1997. 
    A seguito della deliberazione della giunta regionale n. 200/2013,
ha presentato istanza  per  il  mantenimento-conferma  della  propria
posizione nell'albo del personale docente e non docente  nel  settore
della formazione professionale, producendo  tutta  la  documentazione
utile. 
    Con l'impugnato D.D.G. n. 4228 del 1° agosto 2014  e'  stato  poi
disposto l'aggiornamento di  detto  albo,  nel  quale  il  ricorrente
risulta inserito nell'elenco dei soggetti esclusi, in quanto ritenuto
non in possesso dei requisiti di ordine generale  ex  art.  14  legge
regionale n. 24/1976. 
    L'unico motivo di esclusione e' collegato  alla  condanna  penale
subita a seguito di patteggiamento, ex art. 444 e seguenti del codice
di procedura penale, per il reato di truffa di cui all'art.  640  del
codice penale, giusta sentenza del 31 ottobre 2012 del  Tribunale  di
Mistretta, che ha previsto la condanna a sei mesi di reclusione e 400
euro di multa, disponendo  la  sospensione  condizionale  della  pena
inflitta. 
    2. Il ricorrente affida il gravame al seguente motivo: violazione
e  falsa  applicazione  dell'art.  14  legge  regionale  n.  24/1976;
dell'art. 85 decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957  e
dell'art. 9 legge n. 19/1990. Eccesso  di  potere.  Travisamento  dei
fatti. Difetto di istruttoria. Illogicita' manifesta. 
    Lamenta   che   l'Amministrazione   non   avrebbe    tenuto    in
considerazione ne' l'insegnamento della Corte costituzionale, che con
sentenza n. 971 del 1988 ha dichiarato l'illegittimita' dell'art. 85,
lettera a), decreto del Presidente della Repubblica n.  3  del  1957,
ne' la circostanza che con la legge n. 19 del 1990 e' stata  abrogata
ogni disposizione attinente alla destituzione di diritto dei pubblici
impiegati, imponendosi alle amministrazioni, attraverso l'esperimento
del procedimento disciplinare, l'onere della preventiva valutazione e
ponderazione dei fatti illeciti accertati  in  sede  penale  ai  fini
della sanzione da irrogare (art. 9: il pubblico dipendente  non  puo'
essere destituito  di  diritto  a  seguito  di  condanna  penale.  E'
abrogata ogni contraria disposizione di legge). 
    Si duole il  ricorrente  che  vi  sarebbe  stata  un'applicazione
automatica  dell'art.  14   della   legge   regionale   n.   24/1976:
l'Amministrazione avrebbe sostanzialmente applicato, sia  pure  sotto
la forma della decadenza, una fattispecie di destituzione di  diritto
al verificarsi del solo presupposto della condanna  penale,  peraltro
estranea  all'ambito  lavorativo,  senza  commisurare   la   reazione
dell'ordinamento all'effettiva gravita' del reato commesso. 
    Il ricorrente sottolinea che i  sopraddetti  principi  dovrebbero
essere applicati con maggior rigore nel suo caso dal momento  che  lo
stesso non ha alcun  rapporto  di  lavoro  in  atto  con  la  Regione
Sicilia, ma solamente con gli enti di  formazione  professionale  che
accedono al finanziamento regionale per lo svolgimento  dei  corsi  e
non ha la qualifica di pubblico dipendente. 
    Evidenzia peraltro che essendo l'iscrizione  all'albo  condizione
per lo svolgimento dell'attivita' di docente,  la  cancellazione  gli
precluderebbe l'attivita' lavorativa alle dipendenze  degli  enti  di
formazione professionale, dopo circa venti  anni  di  svolgimento  di
tale attivita'. 
    Formula infine domanda di sospensione cautelare del provvedimento
impugnato. 
    3. Con nota protocollo n. 21133 del 23 marzo 2015 il Dipartimento
regionale   della   formazione   professionale   ha   trasmesso    un
circostanziato  rapporto  sul   ricorso,   corredato   dei   relativi
documenti, ricostruendo le fasi del  procedimento  e  suffragando  le
motivazioni che  hanno  portato  all'esclusione  del  ricorrente  dal
predetto albo. 
    4.  Il  ricorso,  in  regola  con  il  contributo  unificato,  e'
ricevibile  poiche'  proposto  entro  120  giorni   dalla   data   di
pubblicazione del decreto impugnato nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Regione Siciliana n. 33 del 14 agosto 2014. 
    5. Preliminarmente il Collegio ritiene opportuno chiarire - anche
ai fini della  affermazione  della  sussistenza  della  giurisdizione
amministrativa - che l'iscrizione all'albo  regionale  del  personale
docente e  non  docente  e'  finalizzata  non  all'esercizio  di  una
professione (albo professionale), ma all'individuazione  di  soggetti
da utilizzare per lo svolgimento di  attivita'  formative  finanziate
dalla Regione Siciliana.  Tali  soggetti  devono  possedere  adeguati
requisiti certificati  proprio  dall'inserimento  nell'apposito  albo
regionale (cfr. ex multis, tribunale amministrativo  regionale  della
Sicilia - Palermo, sezione III, 13 maggio 2015, n. 1140) e  gli  enti
di formazione professionale hanno dunque l'obbligo di individuare  il
personale preposto alle  attivita'  formative  tra  gli  iscritti  al
predetto albo. 
    La necessita' di tale iscrizione e' stata, peraltro,  di  recente
ribadita dall'art. 14 della legge regionale 11 giugno 2014, n. 13 che
ha richiamato i contenuti dell'art. 14 della legge regionale 6  marzo
1976, n. 24. 
    Quest'ultimo cosi' recita:  «E'  istituito  presso  l'Assessorato
regionale del  lavoro  e  della  cooperazione  l'albo  regionale  del
personale docente dei corsi di formazione professionale. 
    Le modalita'  per  l'iscrizione,  la  cancellazione e  la  tenuta
dell'albo saranno determinate dalla Commissione di cui al  successivo
art. 15. 
    Gli aspiranti all'iscrizione all'albo debbono in ogni caso: 
        1) essere immuni da condanne penali; 
        2) godere dei diritti civili e politici; 
        3) essere in possesso dei requisiti di cui al precedente art.
13. 
        ...». 
    Ai sensi del citato art. 14, la  determinazione  delle  modalita'
per  l'iscrizione,  la  cancellazione  e  la  tenuta  dell'albo  sono
affidate alla Commissione di cui al  successivo  art.  15,  ossia  la
Commissione regionale per la formazione professionale dei lavoratori,
istituita  presso  l'Assessorato  regionale  del   lavoro   e   della
cooperazione. 
    6.   Il   Collegio   e'   consapevole    che    le    statuizioni
giurisprudenziali e legislative in materia di destituzione automatica
del pubblico impiegato (sentenza Corte costituzionale n.  971/1988  e
legge  n.  19/1990),   richiamate   nel   ricorso,   non   riguardano
direttamente ed immediatamente il personale docente e non docente dei
corsi di formazione professionale, il cui rapporto di lavoro con  gli
enti di gestione  dei  centri  di  formazione  professionale  non  e'
qualificabile come pubblico impiego, ma come lavoro privato (cfr.  ex
multis, tribunale amministrativo regionale della Sicilia  -  Palermo,
sezione III, 28 dicembre 2015, n. 3348; Id. 27 luglio 2015, n. 1941). 
    Tuttavia  l'impugnato  provvedimento  di  esclusione   dall'albo,
adottato sulla base di una legge che ritiene ostativa dell'iscrizione
all'albo  qualsivoglia   condanna   penale,   comporta   un   effetto
preclusivo/espulsivo  automatico,  che  esclude  non  solo  qualsiasi
valutazione ex post dell'Autorita' amministrativa, ma anche qualunque
valutazione legislativa ex ante, sulla base di necessari parametri di
proporzionalita'   e   ragionevolezza   che   devono   ispirare    il
bilanciamento tra il diritto  del  singolo  a  svolgere  un'attivita'
lavorativa (sia essa autonoma o dipendente)  e  l'interesse  generale
dell'ordinamento a consentire l'accesso (o la  permanenza,  come  nel
caso di specie) al  lavoro  a  soggetti  immuni  da  condanne  penali
ostative. 
    Tale risultato  ermeneutico,  l'unico  consentito  dalla  vigente
legge regionale (stante il  suo  univoco  tenore  letterale),  appare
eccentrico rispetto ad una lettura sistematica delle norme vigenti in
tema di accesso al lavoro sia pubblico che privato e di iscrizione in
albi professionali, come  interpretate  dalla  Corte  costituzionale,
lettura sistematica da cui, come si vedra', si evince che: 
        a) sono vietati  di  regola  (per  i  dipendenti  pubblici  e
privati) automatismi espulsivi; 
        b) sono stabiliti (per l'iscrizione  in  albi  professionali)
automatismi legislativi ex ante che non sono mai assoluti, ma  sempre
parametrati alle peculiarita' della professione  di  cui  si  tratta,
predeterminandosi ex  ante  puntuali  tipologie  di  illeciti  penali
ostativi; 
        c) anche quando sono prestabiliti ex  ante  titoli  di  reato
ostativi, la giurisprudenza della Corte costituzionale  ha  richiesto
l'applicazione di essi in  un  procedimento  in  contraddittorio  con
l'interessato; 
        d) solo per determinate categorie di pubblici  impiegati,  in
considerazione della peculiarita' e delicatezza dei compiti  ad  essi
affidati   (ad   es.   pubblica   sicurezza),   resta    giustificato
l'automatismo espulsivo, ma pur sempre  connesso  a  un  giudizio  di
pericolosita' sociale insito nella presupposta  applicazione  di  una
misura di sicurezza personale (Corte costituzionale, 5  maggio  2014,
n. 112, con riferimento agli appartenenti alla polizia di Stato); 
        e) l'automatismo espulsivo resta giustificato quando a  monte
di esso vi sia una condanna penale che comporti come pena  accessoria
l'interdizione dai  pubblici  uffici,  atteso  che  il  principio  di
necessita' del procedimento disciplinare in luogo della  destituzione
di diritto dei pubblici dipendenti non opera per le  pene  accessorie
di carattere interdittivo, in generale, e per l'interdizione perpetua
dai pubblici uffici, in particolare (quest'ultima  dettata  dall'art.
29, comma 1, del codice penale per le condanne  alla  reclusione  per
almeno cinque anni), trattandosi in tal caso di  ragionevole  effetto
indiretto della pena accessoria, che spetta alla discrezionalita' del
legislatore stabilire, per realizzate le finalita' di difesa  sociale
e di prevenzione speciale proprie di dette pene (art. 85, lettera b),
testo unico n.  3/1957, Corte  costituzionale  n.  286  /1999;  Corte
costituzionale n. 415/1991). 
    In dettaglio, il Collegio osserva come il disposto  dell'art.  14
della legge regionale n. 24 del 6 marzo 1976, gia'  sopra  riportato,
prevede che qualsivoglia condanna penale e'  ostativa  all'iscrizione
all'albo  dei  docenti  della  formazione  professionale.  L'assoluta
rigidita'  di  tale  previsione  e'   stata   mitigata   dal   parere
dell'Ufficio legislativo e legale della Regione n. 327/99/11  che  ha
ritenuto che: 
        «l'estrema genericita' della previsione  contenuta  nell'art.
14  della  legge  regionale  n.  24/1976,  laddove  si  prevede   per
l'iscrizione  all'albo  il  requisito  della  immunita'  da  condanne
penali,  non   sembra   ragionevolmente   interpretabile   in   senso
strettamente letterale, dal momento che una siffatta  interpretazione
potrebbe far ritenere non iscrivibile all'albo in  parola  anche  chi
sia condannato per una contravvenzione di lievissima entita'. 
        Si e' suggerito, pertanto, di avere riguardo  a  tal  fine  a
quanto  previsto  dall'art.  99  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n.  417  /1974  per  il  personale  docente  delle  scuole
statali,  che  incorre  nella  destituzione  nei  casi  espressamente
previsti dall'art. 85, lettere a) e b), del testo  unico  10  gennaio
1957, n. 3. 
        In particolare tale destituzione  e'  prevista  nei  seguenti
casi: 
          - a) per condanna, passata in giudicato, per delitti contro
la personalita' dello Stato, esclusi quelli previsti nel capo IV  del
titolo I del libro II  del  codice  penale;  ovvero  per  delitti  di
peculato, malversazione, corruzione, concussione, per delitti  contro
la fede pubblica, esclusi quelli di cui agli articoli 457,  495,  498
del codice penale; per delitti contro la  moralita'  pubblica  ed  il
buon costume previsti dagli articoli 519, 520,  521,  531,  532, 533,
534, 535, 536 e 537 del codice penale e  per  i  delitti  di  rapina,
estorsione,  millantato  credito,  furto,  truffa  ed  appropriazione
indebita; 
          - b)  per  condanna,  passata  in  giudicato,  che  importi
l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l'applicazione  di
una misura di sicurezza detentiva o della liberta' vigilata». 
    Sulla base di tale  ragionamento,  al  ricorrente  non  e'  stata
confermata l'iscrizione nell'albo, in quanto tra i  reati  menzionati
nell'art. 85, lettera a) testo  unico  n.  3/1957  compare  anche  il
delitto di truffa. 
    Il che e' peraltro avvenuto  in  modo  automatico,  senza  alcuna
valutazione in concreto, previo contraddittorio con l'interessato, in
ordine alla effettiva incidenza della condanna sulla possibilita'  di
svolgimento dell'attivita' lavorativa senza  nuocere  all'immagine  e
all'onore dell'Amministrazione. 
    Il Collegio  ritiene  che  la  soluzione  proposta,  dall'Ufficio
legislativo regionale, per quanto ispirata dalla meritevole finalita'
di mitigare la rigidita' della  legge  regionale,  non  possa  essere
condivisa ne' nel metodo ne' nel contenuto. 
    Non nel metodo, perche' si consente all'Amministrazione regionale
di operare una non consentita disapplicazione della legge. 
    Non   nel   contenuto,   perche'   si   rimette    alla    scelta
dell'Amministrazione (fatta sulla base di  un  parere  emesso  da  un
organo tecnico), anziche' a quella del legislatore  (da  farsi  sulla
base di un dibattito politico in seno ad una assemblea elettiva),  la
individuazione dei reati ostativi e non ostativi. 
    E inoltre si lascia spazio all'automatismo ostativo/espulsivo, al
ricorrere dei titoli astratti di reato. 
    La soluzione prescelta non appare nemmeno del  tutto  logica,  in
quanto  vengono  ritenuti  ostativi  titoli  astratti  di   reato   a
prescindere  dall'entita'  della  pena  in  concreto,  per   produrre
l'effetto della interdizione da un  determinato  ufficio  privato,  a
prescindere dall'essere tale effetto la  conseguenza  della  condanna
penale. 
    Inoltre si opera una non consentita interpretazione analogica  di
norme punitive quali sono le disposizioni sanzionatorie, sia  che  si
tratti di sanzioni penali che di sanzioni disciplinari. 
    In concreto,  poi,  la  Regione  nel  sopradetto  parere  in  via
esegetica rimanda ad una disposizione  dettata  in  passato  per  gli
insegnanti pubblici (art. 99 decreto del Presidente della  Repubblica
n. 417/1974) che rinvia a sua volta all'art.  85,  lettera  a)  testo
unico n. 3/1957 in prosieguo dichiarato incostituzionale. 
    Oltretutto il suddetto  art.  99  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n.  417/1974  non  e'  piu'  applicabile  agli  insegnanti
pubblici,  perche'  tale  disposizione  e'  stata  sostituita   dagli
articoli  496  e  498  del  testo  unico  n.  297/1994.  Tali  ultime
disposizioni  individuano  le  sanzioni  disciplinari  conseguenti  a
condanne penali senza automatismi senza menzionare  espressamente  il
delitto di  truffa,  che  dunque  non  costituisce  ex  se  causa  di
licenziamento disciplinare o comunque di impossibilita' di  perdurare
nelle mansioni di docente pubblico. 
    7. Anche nel settore  del  personale  docente  nelle  scuole  non
statali  (private/paritarie)  i  contratti  collettivi  nazionali  di
lavoro, a titolo di esempio i C.C.N.L.  A.N.I.N.S.E.I.  (Associazione
nazionale  istituti  non  statali  di  educazione  e  di  istruzione)
stipulati  dal  2006  ad  oggi,  all'art.   58   considerano   giusta
causa/giustificato motivo di licenziamento la condanna per reati  che
sono causa di destituzione dal pubblico  impiego.  Si  tratta  di  un
rinvio dinamico agli attuali casi di licenziamento  disciplinare  nel
pubblico impiego senza automatismo alcuno, ma valutando concretamente
l'incidenza della condanna pronunciata sul rapporto di lavoro  e  sul
rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente. 
    8. Continuando nella disamina del panorama  legislativo  statale,
nelle libere professioni, la condanna  penale  e'  causa  di  diniego
d'iscrizione all'albo o di cancellazione dallo stesso quando  sia  di
particolare gravita' avuto riguardo  alla  natura  della  professione
svolta,  a  seguito di  una  predeterminata  selezione  legale  delle
fattispecie rilevanti (v. a titolo di esempio): 
        - articoli 5, comma 1, n. 3  e  142-bis,  legge  16  febbraio
1913, n. 89, con riferimento alla professione di notaio; 
        - articoli 7, ultimo comma e 46,  regio  decreto  23  ottobre
1925, n.  2537,  con riferimento  alle  professioni  di  ingegnere  e
architetto; 
        - art. 4, comma 1, lettera b), regio decreto 1°  marzo  1928,
n. 842 con riferimento alla professione di chimico; 
        - art. 4, comma 1, lettera  b),  regio  decreto  11  febbraio
1929, n. 274, con riferimento alla professione di geometra; 
        - art. 4, comma 1, lettera  b),  regio  decreto  11  febbraio
1929, n. 275, con riferimento alla professione di perito industriale; 
        - art. 4, comma 1, lettera  b),  regio  decreto  25  novembre
1929, n. 2248, con riferimento alla professione di dottore in scienze
agrarie; 
        - art. 15, legge 9 febbraio 1942, n. 194 con riferimento alla
professione di attuario; 
        - art. 31, commi 3 e 4, legge 3 febbraio  1963,  n.  69,  con
riferimento alla professione di giornalista; 
        - art.  42,  comma  2,  legge  28  marzo  1968,  n.  43,  con
riferimento alla professione di perito agrario; 
        - articoli 31, comma 2, e 42, comma 2, lettera  a),  legge  7
gennaio 1976, n. 3,  con  riferimento  alla  professione  di  dottore
agronomo e forestale; 
        - articoli 5, ultimo comma e 10,  comma  2,  legge  6  giugno
1986, n. 251, con riferimento alla professione di agrotecnico; 
        - art. 7, comma 1, lettera b), legge 18 febbraio 1989, n. 56,
con riferimento alla professione di psicologo; 
        - articoli 27, comma 2 e 35, comma 2, legge 18 gennaio  1994,
n. 59, con riferimento alla professione di tecnologo alimentare; 
        - art. 36, comma 2, decreto legislativo 28  giugno  2005,  n.
139, con riferimento alla professione di dottore commercialista; 
        - art. 17, comma 1, lettera g), legge 31  dicembre  2012,  n.
247, con riferimento alla professione di avvocato. 
    Comunque la Corte costituzionale ha gia'  affermato  che  sarebbe
«contrario al principio di uguaglianza che la destituzione di diritto
dovesse rimanere ferma soltanto per  le  libere  professioni»  (Corte
costituzione, 4 aprile 1990, n. 158, con riferimento alla professione
di commercialista; v. anche Corte costituzionale 2 febbraio 1990,  n.
40 e Corte costituzionale 31  ottobre  2002,  n.  433,  entrambe  con
riferimento alla professione di notaio). 
    9. Anche in altro ambito, dove comunque per certi versi viene  in
rilievo il diritto al lavoro e a svolgere attivita' di impresa,  vale
a dire quello dei contratti pubblici  relativi  a  lavori  servizi  e
forniture,  non  qualsivoglia  condanna  penale  e'  ostativa   della
partecipazione alle  gare  e  dell'esecuzione  dei  contratti  e  dei
subcontratti, ma solo condanne specifiche, incidenti sulla  moralita'
professionale dell'esecutore. 
    10. Dal quadro complessivo sopra descritto si puo' evincere  che,
secondo una linea tendenziale, ormai consolidatasi con l'orientamento
espresso   in   numerose   sentenze   dalla   Corte   costituzionale,
l'ordinamento o esclude  del  tutto  l'automatismo  sanzionatorio,  o
fissa automatismi ex ante ancorati a criteri  di  proporzionalita'  e
ragionevolezza,  cosi'  sancendo  la  necessita'  di  meccanismi   di
garanzia a carattere generale  che  rendano  possibile  l'adeguamento
della reazione dell'ordinamento alla  effettiva  gravita'  del  reato
commesso, nel pubblico impiego  e  nelle  libere  professioni  (Corte
costituzionale numeri 971/1988; 158/1990; n. 40/1990; n. 197/1993; n.
363/1996)  cosi'  anche  nel  rapporto  di  lavoro   privato   (Corte
costituzionale 1° giugno 1995, n. 220, con riferimento all'art. 1258,
comma 1, codice della navigazione con riferimento  all'iscrizione  in
matricole o registri del personale marittimo). 
    La Corte di cassazione ha avuto modo di chiarire che il contenuto
della legge n.  19  del  1990  sulla  cessazione  della  destituzione
automatica e' norma «nella quale non puo' non ravvisarsi un principio
di portata generale che governa - in materia di destituzione  -  ogni
tipo di rapporto di lavoro di natura pubblicistica ed anche di quelli
che abbiano qualche attinenza  con  l'impiego  pubblico  e  che,  per
quelli di  natura  privata  non  tollererebbe  clausole  contrattuali
contrarie» (Cassazione civile, sezione lavoro, 24 febbraio  1993,  n.
2250). 
    10.  Il  Collegio  ritiene  dunque  che  sia  rilevante   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 14 della legge regionale siciliana n. 24/1976  nella  parte
in  cui  statuisce  che   qualsivoglia   condanna   penale   ostativa
all'iscrizione  all'albo  del  personale  docente  della   formazione
professionale e la cancellazione  dallo  stesso  viene  disposta  con
effetto automatico ove venga a mancare, in seguito a condanna penale,
il requisito per l'iscrizione consistente proprio nell'«essere immuni
da condanne penali». 
    La norma appare, pertanto, per la sua assolutezza,  in  contrasto
con quei principi di proporzionalita' e ragionevolezza che sono  alla
base del principio di eguaglianza e per cio' stesso e'  in  contrasto
con l'art. 3 della Costituzione (Corte costituzionale, n. 197/1993). 
    La norma appare  in  contrasto  con  il  predetto  art.  3  della
Costituzione anche sotto il profilo  del  deteriore  trattamento  del
docente  dei  corsi  di  formazione  professionale  finanziati  dalla
Regione, rispetto al docente della scuola pubblica, come  gia'  sopra
evidenziato, pur nell'identita' delle funzioni esercitate. 
    La mancata iscrizione all'albo e la cancellazione (che determina,
a  valle  e  nel  rapporto  tra  docente  e  ente  della   formazione
professionale, la sostanziale automatica risoluzione del rapporto  di
lavoro) appare  altresi'  incompatibile  con  la  tutela  del  lavoro
medesimo garantita dagli articoli 4 e 35 della Costituzione,  per  la
sproporzione che puo' determinarsi  tra  fatto  commesso  ed  estrema
gravita' della sanzione concretantesi, come nel caso in esame,  nella
perdita del posto di lavoro. 
    Ancora,  la  norma  sembra   non   conforme   al   principio   di
imparzialita' e di  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione
(art. 97) perche', nel caso in  esame,  impedendo  al  ricorrente  di
mantenere il proprio posto di  lavoro  presso  l'ente  gestore  della
formazione indipendentemente dalla  verifica  in  concreto  circa  la
sussistenza di elementi a cio' ostativi, si pone in contrasto con  il
principio della migliore utilizzazione delle risorse professionali  a
disposizione dell'ente stesso (Corte costituzionale, 14 aprile  1995,
n. 126). 
    Si ravvisa anche  contrasto  con  l'art.  27  della  Costituzione
relativo alla funzione rieducativa della sanzione penale (che implica
anche la proporzionalita' della punizione  rispetto  all'offesa),  in
quanto a fronte di una condanna penale da cui non conseguono sanzioni
interdittive dagli uffici pubblici  e  privati,  la  legge  regionale
aggiunge, con  un  meccanismo  automatico,  un  effetto  interdittivo
assoluto, automatico  e  sproporzionato.  Non  senza  trascurare  che
l'ordinamento  mira  a  favorire  il  lavoro  dei   detenuti   e   il
reinserimento  lavorativo  degli  ex  detenuti:  di  talche'  sarebbe
paradossale  consentire  l'espulsione  automatica  da   un   contesto
lavorativo di soggetto che pur avendo riportato condanna  penale  non
ha dovuto scontare la pena (avendo fruito della  sua  sospensione)  e
dunque non e' un detenuto, ne' ex detenuto. 
    La legge regionale n. 24/1976 e' stata emanata nell'ambito  della
competenza legislativa regionale di cui all'art. 17, lettera f) dello
statuto della Regione Siciliana. Sotto tale profilo, l'art. 14  della
citata legge  regionale  contrasta  anche  con  i  principi  generali
dell'ordinamento statuale, come sopra esposti, che vietano meccanismi
automatici e assoluti in ordine agli effetti  delle  condanne  penali
sui rapporti di lavoro pubblici e privati e sull'iscrizione  in  albi
professionali. 
    Quanto sin qui esposto corrobora la valutazione del  Collegio  in
ordine alla non manifesta infondatezza della questione. 
    Il Collegio ritiene che la prospettata questione di  legittimita'
costituzionale sia anche rilevante  ai  fini  della  definizione  del
presente    ricorso,     perche'     l'eventuale     pronuncia     di
incostituzionalita'  della  norma  in  esame   travolgerebbe   l'atto
impugnato che proprio sulla stessa norma si fonda. 
    Il Collegio non ignora  che,  nel  caso  di  specie,  l'eventuale
accoglimento della questione di costituzionalita' potrebbe richiedere
una pronuncia additiva non a rime obbligate,  restando  rimessa  alla
discrezionalita' del legislatore siciliano sia la  scelta  dei  reati
ostativi all'iscrizione all'albo (mediante individuazione dei  titoli
di reato e/o mediante individuazione di misura e  tipologia  di  pene
inflitte), sia la  scelta  del  tipo  del  procedimento  di  verifica
dell'ostacolo    all'iscrizione    all'albo    (diniego/cancellazione
automatici     al     verificarsi     dei     presupposti     legali,
diniego/cancellazione previa verifica caso per caso  dell'ostativita'
del reato). 
    Tuttavia,  nelle  analoghe  fattispecie  della  destituzione   di
diritto dal pubblico impiego e del  diniego/cancellazione  automatica
da albi professionali, la  Corte  costituzionale  non  ha  esitato  a
dichiarare incostituzionali le previsioni, ancorche'  in  ipotesi  la
soluzione normativa conseguente  non  fosse  necessariamente  a  rime
obbligate  (quanto  meno  sotto  la  scelta   delle   modalita'   del
procedimento  espulsivo),  stigmatizzando   l'automatismo   espulsivo
(Corte costituzionale numeri 971/1988; 40/1990;  158/1990;  220/1995;
433/2002). 
    Vero  e'  che  nelle  vicende  sinora   esaminate   dalla   Corte
costituzionale,  le   previsioni   normative   individuavano   alcune
tipologie  di  reati  ostativi  (dell'esercizio   dell'attivita'   di
lavoratore   dipendente   pubblico,   dell'esercizio   di   attivita'
professionali), e fissavano un automatismo espulsivo al ricorrere  di
tali reati, sicche' la Corte ha  stigmatizzato  il  solo  automatismo
espulsivo. 
    Ma la vicenda odierna si palesa  ancor  piu'  lesiva  dei  valori
costituzionali,  attesa  che  all'automatismo  espulsivo   si   somma
l'assolutezza di una previsione che non discrimina tra  tipologie  di
reati, considerando qualsivoglia condanna penale di  per  se'  titolo
ostativo. 
    In  siffatto  contesto  la  riserva   di   discrezionalita'   del
legislatore (che costituisce ordinariamente ostacolo  a  pronunce  di
incostituzionalita')  non  puo'  non   cedere   rispetto   a   valori
costituzionali sanciti nel titolo  I  della  Costituzione,  quali  il
diritto  all'eguaglianza,  il  diritto  al  lavoro,  i  principi   di
ragionevolezza e proporzionalita', indiscutibilmente lesi nel caso di
specie. 
    Va infine osservato che nel  caso  di  specie  una  pronuncia  di
illegittimita' costituzionale  potrebbe  essere  «a  rime  obbligate»
quanto meno sotto il profilo del previsto  automatismo  espulsivo  in
assenza di un procedimento in contraddittorio con l'interessato,  che
potrebbe essere affidato alla Commissione regionale per la formazione
professionale dei lavoratori di cui all'art. 15, legge  regionale  n.
24/1976, che, ai sensi del  precedente  art.  14,  e'  competente  in
ordine alla  determinazione  delle  modalita'  per  l'iscrizione,  la
cancellazione e la tenuta dell'albo. 
    In conclusione e' rilevante e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  14  della  legge
regionale  n.   24/1976   (emanata   nell'ambito   della   competenza
legislativa di cui all'art. 17, lettera f) dello  statuto  siciliano)
in relazione agli articoli 3, 4, 27, 35 e  97  della  Costituzione  e
all'art. 17 dello statuto, nella parte in cui detto art.  14  prevede
quale requisito per l'iscrizione  all'albo  regionale  del  personale
docente  dei  corsi  di   formazione   professionale   l'assenza   di
qualsivoglia condanna penale e quale presupposto  automatico  per  la
cancellazione da detto  albo  l'esistenza  di  qualsivoglia  condanna
penale, anziche' prevedere un  procedimento  in  contraddittorio  con
l'interessato volto a valutare l'effettiva incidenza  della  condanna
sull'attivita'  lavorativa  e/o  individuare  puntuali  tipologie  di
reati. 
    Con separato parere  si  dispone  la  sospensione  cautelare  del
provvedimento   impugnato   sino   all'esito    del    giudizio    di
costituzionalita'.